Aurelio De Felice

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  1. Lipi™
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    Lo scultore Aurelio De Felice nasce nel borgo medievale di Torreorsina (Terni) il 29 ottobre del 1915 da Antonio e Maria Marini. Nella prima metà degli anni Venti del XX secolo frequenta le scuole elementari del paese natale con notevole profitto ed uno spiccato interesse per la poesia e il disegno. In questo periodo inizia i suoi primi approcci alla scultura.

    Si iscrive nel 1928 alla scuola industriale di Terni dove frequenta la sezione per «Ebanisti-intagliatori» detta «sezione artistica». Qui viene a contatto con i primi mezzi per esprimere la sua naturale inclinazione per l'arte. Avvicina materie quali la modellazione della creta, l'intaglio del legno, il disegno e la storia dell'arte. A Torreorsina modella il ritratto di qualche persona caratteristica con un realismo quasi fotografico.

    Terminati i corsi di quella scuola, suo padre lo obbliga a lavorare nelle officine di Terni per guadagnare un po' di denaro e aiutare così la famiglia. Dopo tre mesi di lavoro nella fabbrica d'armi, preso dall'amore per l'arte, scappa a Roma contro la volontà del padre, che, infuriato, getta tutte le sue sculture dalla finestra distruggendole.

    A Roma conosce la più grande miseria. Durante il giorno fa i mestieri più umili e la sera segue dei corsi in una scuola artistico-industriale. Questo periodo è il più drammatico della sua vita, cade gravemente malato e guarisce miracolosamente.
    Conosce lo scultore Fazzini, col quale instaura una profonda amicizia, e il pittore Montanarini.

    In occasione di una mostra a Roma, nel 1936, un amatore d'arte acquista una sua piccola scultura e poi l'aiuta ad iscriversi all'Accademia di Belle Arti della Capitale. Qui protesta contro lo spirito dell'Accademia scrivendo, in una sua tesi, che sarebbe opportuno chiudere tutte le Accademie o rinnovarle su altre basi e altri principi. Questo gli procura l'allontanamento dall'Accademia per un anno.
    A Terni fa la conoscenza del pittore-calzolaio Orneore Metelli. E' talmente impressionato dalle sue opere che gli promette di farlo conoscere in tutto il mondo. Una promessa mantenuta sin dal 1942 quando comincia ad esporre i quadri del grande pittore naíf ternano e che continuò per tutta la vita.

    Frequenta assiduamente lo studio dello scultore Fazzini dove realizza le prime sculture in legno «Silvia» e «Giovane Santa», che sono alla base della sua futura attività di scultore.
    A Roma entra in contatto con l'ambiente culturale più avanzato. La sua scultura si pone nello spirito della «Scuola Romana», dove gli artisti di questa scuola, raggruppati intorno alla galleria «La Cometa», operano in una direzione e con criteri opposti all'arte retorica e monumentalistica ufficiale di quel periodo. Le sculture realizzate con questo spirito fra il 1937 e il 1941 vincono vari premi e vengono acquistate da alcuni musei e da collezioni private in Italia.

    Inizia ad avere i primi riconoscimenti dalla critica e dal pubblico vincendo il primo premio alla Mostra Sindacale dell'Umbria (1938), il primo premio alla Mostra Sindacale del Lazio (1939) e il primo premio con la statua «Adolescente con l'ocarina» in un concorso nazionale al quale partecipano 250 giovani scultori italiani (1940).

    Nel giugno del 1940 si diploma all'Accademia di Belle Arti e nell'ottobre dello stesso anno è nominato Professore-assistente nella stessa Accademia. Sempre in quest'anno tiene la sua prima mostra personale a Roma, presentata da Renato Guttuso, e conosce e diventa amico di Vincenzo Cardarelli.

    L'anno successivo è nominato professore ordinario per «chiara fama» nelle Scuole Statali d'Arte. Inizia per lui un lungo periodo di mostre personali che lo portano a Genova, Milano, Firenze e Napoli.
    Nel 1946 per la prima volta passa la frontiera e si reca in Svizzera, a Ginevra e poi a Zurigo. Inizia a tenere mostre personali in Europa ed in particolare a Zurigo, Parigi, Francoforte, Bienne (Svizzera), Vienna.

    Nel 1950 è incaricato dal Ministero degli Affari Esteri di creare a Parigi la «Scuola d'Arte italiana» di Mosaico di Ravenna e Ceramica di Faenza, che fonda nel 1950 insieme a Gino Severini e dirige sino al 1955.
    Nella capitale francese incontra pittori del calibro di Pablo Picasso, Fernand Léger, Jean Cocteau, Fujita, Van Dongen e Zadkine.

    Conclusa l'avventura parigina torna in Italia e prosegue con la attività espositiva portando la sua arte a Torino, Milano, Terni e Firenze.

    Nel 1956 tiene una mostra personale a Roma. La prefazione del catalogo della mostra è scritta dal critico Marco Valsecchi che, dopo aver analizzato il percorso artistico-stilistico del maestro, lo definisce "enfant prodige" della Scuola Romana.

    E' nominato, nel 1958, direttore della Scuola d'Arte di Volterra e prosegue con le mostre personali esponendo a Livorno, a Roma, a Lione (Francia) e a Braunschweig (Germania).

    In seguito ad sua proposta viene incaricato dal Ministero della Pubblica Istruzione, nel 1961, di fondare l'Istituto Statale d'Arte di Terni. A seguito di un concorso nazionale viene nominato Direttore titolare dello stesso Istituto.
    La sua attività espositiva si porta nuovamente all'estero, in Germania, e continua a Colonia, a Lúnen, ad Hagen, ad Oberhausen.

    Tornato nuovamente in patria continua la sua incessante attività espositiva sino agli anni settanta del secolo scorso quando, in seguito ad una profonda riflessione sul senso della sua arte, si allontana dalla luce dei riflettori ritirandosi nella pace nel borgo natio conducendo una vita lontana dai clamori ma non dall'arte. Nel 1977 è invitato dal Museo d'Arte Moderna di Tokyo per una conferenza su «I pittori naif e Orneore Metelli».
    Gli anni Ottanta e Novanta del XX secolo sono molto difficili a causa dei molti problemi di salute ma questo non gli impedisce di essere, nel febbraio 1993, a Kobe, in Giappone, per l'inaugurazione del parco di Nunobiki dedicato all'amore. Per l'occasione dona alla città la scultura "Maternità".

    Aurelio De Felice si spegne nella sua casa di Torreorsina il 14 giugno 1996, all'età di 80 anni.
     
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