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Ogni soldo risparmiato è un soldo guadagnato. Ormai - con doloso ritardo - il nostro calcio inizia ad adeguarsi all'aria cattiva che tira in tutti i settori della povera Italia, impostando il navigatore su lidi più prudenti e meno rischiosi. Muta la filosofia dissennata del recente passato, dominata da investimenti folli e stipendi faraonici. La strada verso la redenzione - facile pentirsi quando non hai più alternative - è fatta di una graduale, ma complessa, riduzione dei costi. Tuttavia, come quel lupo che - favola insegna - perde il pelo ma non il vizio, la nostra serie A ne ha di strada da fare per lavare le colpe di gestioni poco lungimiranti. Analizzando infatti le statistiche pubblicate nell'edizione odierna della Gazzetta dello sport, sono appena 60,5 i milioni di euro "risparmiati" dalle venti squadre delle massima serie rispetto al dato della scorsa stagione. Il monte ingaggi del torneo appena iniziato tocca quota 1.039,5 milioni di euro contro i 1.100 del campionato 2011-12.
Inversione di tendenza Al di là della cifra di 60,5 milioni - ancora esigua se rapportata al dato complessivo - è importante sottolineare il cambio di rotta dei dirigenti nostrani. Dalla stagione 2006-07 a quella 2011-2012 il dato complessivo relativo agli stipendi era praticamente raddoppiato, passando dai 633 milioni della stagione post-calciopoli ai 1100 milioni dello scorso anno. Dopo la crescita mostruosa, in questa estate arriva la necessaria inversione di tendenza. Per la serie: non sarà un granchè ma almeno è un inizio. Ogni grande viaggio inizia da un primo - apparentemente insignificante - passo.
Incidenza delle neo-promosse Nell'analisi complessiva del dato opportuno ricordare l'incidenza dovuta all'alternanza tra retrocesse e neopromosse. Spulciando tra le statistiche di Lecce, Novara e Cesena (i tre club retrocessi) salta subito all'occhio come proprio le tre ultime classificate dello scorso campionato fossere i fanalini di coda anche nella speciale classifica degli stipendi. Fanalino di coda del dato relativo
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